martedì 6 gennaio 2009

Accuse ingiustificate sul Festival di Ravello - La Repubblica ed. Napoli 04 01 09

Un gruppo di intellettuali replica a Bottiglieri del Pd
Siamo i responsabili delle otto sezioni artistiche e dei quattro settori operativi del Ravello Festival. Qualche giorno fa, in un lungo intervento pubblicato su "Repubblica", Antonio Bottiglieri responsabile della comunicazione e dello spettacolo per la segreteria regionale del Partito democratico, esprimeva una serie di considerazioni personali a proposito delle politiche culturali attuate in Campania.
Non intendiamo entrare nel merito del suo discorso complessivo. Ma ci preme fare chiarezza su un passaggio nel quale Bottiglieri, dopo avere descritto l'ingloriosa fine del cosiddetto «risorgimento napoletano» (ma non era «rinascimento»...?), vi coinvolge sconsideratamente il Ravello Festival, sommando in poche righe un numero enorme di inesatte allusioni.
Ecco il passaggio in questione:
«E del festival wagneriano di Ravello con il permesso del ministro Brunetta, vogliamo parlare? LaRegione Campania ha il merito indiscutibile di averlo sostenuto,anche attraverso la spesa per la costruzione dell'auditorium e per l'acquisto di Villa Episcopio. Ma ora anche Ravello rischia, nonostante l'eroico sforzo dell'attuale amministrazione comunale, di fare la stessa fine del risorgimento napoletano, se non vengono rispettate regole di democrazia e di qualità».
Certo che ne vogliamo parlare. Ma con cognizione di causa e onestà intellettuale. E senza nessun bisogno di tirare in ballo il ministro Brunetta, che comunque fa parte del consiglio di indirizzo della Fondazione Ravello insieme ad altre 12 prestigiose personalità: due ministri del Governo Ombra, il direttore generale dei Beni culturali, il direttore generale dell'Ept di Salerno, il presidente e il direttore generale della Fondazione Monte Paschi di Siena, il presidente della provincia di Salerno, il vicesindaco di Ravello e quattro stimatissimi professori universitari. Prima di tutto, il festival wagneriano non esiste più dal 2003.
Da quell'anno, infatti, il festival dedicato a Wagner è stato sostituito da un progetto culturale di più ampio respiro che, alla musica sinfonica e cameristica, ha affiancato le arti visive, il cinema, la danza, il jazz, la letteratura, la scienza e il design. Il Festival è gestito dalla Fondazione Ravello a cui afferiscono la Regione, la Provincia, il Comune, la Fondazione Monte Paschidi Siena, la Sovrintendenza e l'Ept di Salerno. In sinergia con il Festival, la Fondazione gestisce la Villa Rufolo e la Scuola internazionale di management culturale. Si tratta, insomma, di un solido organismo che onora la Campania con la sua efficienza, la sua competenza, la sua trasparenza. Un organismo universalmente apprezzato, al punto da ricevere, nel 2005, l'ambìto Premio Leonardo, conferito dalla Presidenza della Repubblica, dalla Confindustria e dall'Ice.
Un organismo che lo stesso Bottiglieri deve stimare molto, se ha tentato di entrarvi come consigliere, senza riuscirvi. Il Ravello Festival, con i suoi quattro mesi di programmazione (nel 2008), è ormai il più vasto d'Europa. Il 68 per cento dei fondi necessari per finanziarlo proviene da sponsor privati. Nel 2003 ebbe 16.000 spettatori, aumentati di anno in anno fino a toccare le 70.000 presenze nell'ultima edizione, che ha visto esibirsi 800 artisti provenienti da 15 Paesi. Il 45% degli spettatori è composto da stranieri, a conferma della imponente ricaduta turistica esercitata dalla manifestazione.
A Wagner genius loci musicale, il Ravello Festival tuttora intitola la sua sezione sinfonicae rivolge attenzione privilegiata, come testimonia la doppia presenza in Villa Rufolo, meno di cinque mesi fa, di Daniel Barenboim e della West Eastern Divan Orchestra. Il primo - sarà bene ricordarlo - è il direttore che mille milioni di telespettatori, collegati da 50 Paesi, hanno potuto apprezzare giusto due giorni fa nel mitico concerto viennese di Capodanno. La West-Eastern è un ensemble straordinario, che si è esibito in Italia solo due volte: alla Scala e, appunto, a Ravello.
La critica e il pubblico hanno confermato di anno in anno l'apprezzamento verso il Festival e verso l'operato complessivo della Fondazione, che si èattivamente distinta anche nella lunga battaglia per assicurare a Ravello e al suo Festival un indispensabile auditorium, progettato dal grande architetto Oscar Niemeyer e finanziato dalla Regione Campania con fondi europei. Oggi l'Auditorium sta per vedere la luce, e sarà proprio il Comune di Ravello a deciderne sorti e affidamento, in piena autonomia dal Festival.
Tutt'altra storia è quella di Villa Episcopio, acquistata dalla Regione e assegnata al Comune, senza nessun collegamento con il Festival e con la Fondazione. Come fa, dunque, Bottiglieri ad accomunare le sorti del Festival (ex wagneriano) a quelle del cosiddetto «risorgimento napoletano, miseramente crollato - sono parole di Bottiglieri - sotto i colpi dei capibastone»? Dov'è il nesso tra la storia di un fallimento apparentemente conclamato equella di un Festival che in sei anni ha visto aumentare costantemente le presenze di pubblico, gli incassi, i riscontri ottenuti dai media nazionali e internazionali? Dove sarebbe, ancora, il mancato rispetto «delle regole di democraziae di qualità» di cui parla Bottiglieri? Forse nel rendere visibile ogni dettaglio della struttura del Festival anche sul sito internet? Nel regolare ogni propria decisione su un doppio organo di controllo (consiglio di amministrazione; consiglio di indirizzo) formato da personalità di primo piano del mondo culturale e politico, in rappresentanza di tutte le istituzioni che afferiscono alla Fondazione? Nell'aver disegnato una struttura organizzativa aziendale in cui ognuno possa contare su un mansionario dettagliato e conoscere le retribuzioni di tutti gli altri? In cui le scelte artistiche vengano condivise da un team di direttori? Nell'aver portato ostinatamente avanti la scelta di regalare a Ravello un gioiello architettonico come l'auditorium, senza alcuna garanzia di poterne esercitare la gestione? Onestamente sfuggono le ragioni alla base dei sospetti insinuati da Bottiglieri. Al quale consigliamo, peraltro, di attraversare in questi giorni il tunnel che conduce alla piazza Duomo di Ravello. Lo troverà tappezzato di manifesti con le facce e i nomi di quegli artisti e intellettuali - solo alcuni tra i maggiori, per mancanza di spazio - che dal 2003 al 2008 hanno dato lustro al Festival, alla Fondazione, a Ravello, alla Campania: da Ashkenazy, a Bejart, da Gergiev a Bill T.Jones, da Baricco a Scalfari, da Kiarostami a Bolle, da Florio a Servillo, dalla Martha GrahamDance Company a Marsalis, dalla Mullova alla Ubs Orchestra, da Uto Ughi a Waltraud Meier e al già citato Barenboim. Senza dire delle prestigiose mostre curate da Achille Bonito Oliva (e, prima di lui, da Cesare de Seta), gratificate dalle presenze di artisti di fama mondiale e dei direttori di alcuni tra i maggiori musei del mondo.
Non è semplicemente una parata di star, quella che riportiamo, ma una prova significativa dello sforzo che tutti noi, in quanto staff del Ravello Festival, stiamo portando avanti affinché questo evento non corrisponda a uno spot effimero e provinciale ma a un progetto culturale di livello internazionale.
Non è dunque chiaro perché mai sarebbe eroica la resistenza che Bottiglieri attribuisce all'amministrazione comunale di Ravello nei confronti del Festival. Pochi giorni fa l'associazione albergatori di Ravello e Scala così scriveva al presidente della fondazione:
«Il Ravello Festival è divenuto per noi, anno dopo anno, elemento fondamentale e trainante. Grazie ad esso, siamo riusciti, in questa difficile stagione ormai all'epilogo, ad arginare i cali di presenze, che altrove sono stati sicuramente più significativi.L'immagine e la notorietà della nostra città vanno affermandosi sempre più grazie al forte impegno passionale per il costante miglioramento della qualità e dei servizi delle nostrestrutture,maanchegrazie a ciò che la Fondazione ha fatto in questi anni, permettendoci ilraggiungimento di prestigiosi riconoscimenti».
Se il Festival arricchisce culturalmente ed economicamente l'intera Costiera, perché mai il Comune, socio della Fondazione, dovrebbe fare uno sforzo per remare contro un'iniziativa così meritoria? Le poche forze positive che operano nella nostra sventurata regione hanno un disperato bisogno di cooperare, non di contrapporsi. Il tentativo maldestro con cui Bottiglieri, responsabile della comunicazione e dello spettacolo per la segreteria regionale del Pd, cerca di aizzare il conflitto tra la Fondazione, il Festival e il Comune, è una ennesima prova del degrado culturale in cui sono caduti certi lugubri personaggi in cerca di autore.

(Luigi Amodio, Achille Bonito Oliva, Aurelio Canonici, Daniele Cipriani, Francesco Durante, Antonio Fraulo, Claudio Gambardella, Barbara Maussier, Maurizio Pilone, Manuela Rafaiani, Carlo Torlontano, Stefano Valanzuolo, Antonio Vuolo, Lina Wertmuller).