giovedì 29 gennaio 2009

Franano le perle della Costiera, è allarme.

L'articolo apparso giovedì 29 gennaio 09 sul Corriere del Mezzogiorno ci sembra quello che fotografa meglio la situazione. Tanta tanta indifferenza su problemi che esigono attenzione e risorse. La natura però su questo non fa sconti e spesso ci ricorda quali sono le priorità.
NAPOLI - «Nessuno manca all'appello». Ieri mattina il sindaco di Ravello Paolo Imperato, ha vissuto due ore di angoscia, dalle 7,30 alle 9,30, e questo giustifica il tono eccessivamente drammatico del suo annuncio: i duemilacinquecento abitanti di Ravello sono tutti salvi, la massa spaventosa di duecento metri cubi di terreno fradicio che si è staccata con un boato dal costone si è fermata in una stradina interpoderale, via Orso Papice scarsamente abitata, e non ha raggiunto la popolazione della frazione di San Cosma. La certezza dello scampato pericolo l'hanno data i cani della Protezione civile che poi sono intervenuti anche a Perdifumo. Tutto bene quel che finisce bene o, se piace di più, lo stellone ancora una volta ha funzionato, ma a sentire Secondo Amalfitano, ex sindaco della città e geologo molto presente sul territorio, gli abitanti della divina costiera sanno che non si può investire in eterno sulla fortuna: «Tutti gli standard di sicurezza sono saltati, siamo in balia degli eventi e quel po' di aiuto che garantiva la Comunità Montana non l'abbiamo più perchè è stata soppressa dal 1 gennaio. Siamo diventati un'isola staccata dal mondo e continuiamo a fare scempi». Se la costiera amalfitana erutta fango e detriti, quella sorrentina fa finta di dormire dopo i paurosi sussulti dei giorni scorsi. La situazione, invece, è pericolosa e ieri pomeriggio la Protezione Civile e il Genio Civile hanno effettuato un sopralluogo allo Scrajo, l'area più disastrata, dove sono in corso i lavori per la messa in sicurezza della vecchia galleria. Nei prossimi giorni saranno decisi gli interventi di somma urgenza e, quasi sicuramente, verrà chiamata in causa l'Anas che i tecnici di Vico accusano di negligenza. Frane, sempre frane, fortissimamente frane. A Ravello ma anche a Cetara dove la causa scatenante sarebbe stato il cedimento delle «macerine», i caratteristici muretti a secco che sono elementi stabili del paesaggio, ma soprattutto sono sentinelle sensibili in un territorio violentato dall'abusivismo marcio e non monitorato. I muretti a secco, infatti, sono drenanti e elastici così li definiscono i tecnici e «avvisano» quando il terreno sta per franare, perchè si «spanciano», si gonfiano.«I muretti sono una difesa importante- dice Luigi Ciancio autore di uno studio con Legambiente - che andrebbe ripristinata con urgenza», ma si sta perdendo insieme alla cultura dell'acqua che è un'altra spia importante: prima veniva conservata gelosamente dai contadini nelle cisterne, nei pozzi, perfino sotto il letto, ora, al contrario, quella pluviale viene raccolta in serbatoi e poi buttata contribuendo a rendere ancora più pericoloso il terreno. È la storia di sempre, insomma, dominata dall'inerzia. E dalla rassegnazione che fa dire agli abitanti delle due costiere: prima o poi tocca a noi. A Vietri sul Mare, che in pratica domina Cetara, qualche giorno fa è caduto un pezzo di costone accanto ad un'azienda di ceramiche.Nessuno è intervenuto e qualche giorno dopo, ieri mattina cioè, c'è stata la frana di Cetara. Siamo obbligati a pensare male. Proseguiamo. Altri smottamenti si sono verificati a Minori, dove sono state sgomberate undici persone dopo il crollo di una terrazza coltivata a limoni, e a Polla nel Cilento. Il traffico, naturalmente, è dovunque in tilt, ma squadre di tecnici sono da ieri mattina al lavoro per rattoppare la situazione in vista del week end. Il capitolo più controverso è, come al solito, il dopo-frane. Angelo Di Rosario, presidente dei geologi salernitani per tre lustri, è esplicito nella denuncia: «Lo dissi a Barberi all'indomani dell'alluvione di Sarno, e lo ripeto dopo gli allarmi di quest'inverno straordinariamente piovoso (300 millimetri, una quantità record di piogge): bisogna assumere giovani geologi, magari con contratti a termine, con la consegna di presidiare giorno e notte il territorio. E' l'unica difesa, a Sarno l'hanno fatto, speriamo che si regolino allo stesso modo per le due costiere. Il primo allarme lo lanciai tredici anni fa in un convegno ad Ischia: tutti concordarono, nessuno ha fatto niente». Sugli interventi di somma urgenza il geologo è ancora più esplicito: «Tutto quello che c'è da fare è scritto nel Piano stralcio dell'Autorità di bacino destra Sele. L'area a rischio è stata divisa in quattro classi, la costiera è la più esposta ed è contrassegnata con la sigla P4». Il piano prevede interventi per l'ingaggio dei massi in bilico, la bonifica dei valloni e l'installazione di reti metalliche. Niente di straordinario, come ribadisce Secondo Amalfitano, ma è la manutenzione minima che può salvare quello che resta del mirabile equilibrio della costiera. «Per vincere la partita, però, bisogna abbattere i muri, non i muretti, del municipalismo e avviare una politica comprensoriale. I Comuni, invece, se ne infischiano e ognuno va per la sua strada». In attesa della prossima frana.

Carlo Franco